domenica 4 ottobre 2009

Il Residente della Repubblica


C'è, tanto per cambiare, una gran bagarre riguardo le affermazioni fatte da Giorgo Napolitano - attuale Presidente della Repubblica Italiana - e le pesanti critiche pronunciate da Antonio Di Pietro, leader del partito politico "L'Italia dei Valori". Provo a ricostruire con un piccolo riassunto quanto accaduto:

- Dopo un iter nè troppo lungo nè troppo contrastato il Parlamento ha approvato un provvedimento economico definito "scudo fiscale" in cui, tra le altre cose, è prevista la possibilità di fare rientrare i capitali illecitamente accumulati all'estero (evadendo il fisco italiano) pagando un misero 5% allo Stato, la depenalizzazione del reato di falso in bilancio e la garanzia dell'anonimato per quanti usufruiranno della ghiotta opportunità offerta.

- Ieri il Presidente Napolitano si trovava in Basilicata per un impegno istituzionale, quando un cittadino gli si è avvicinato e gli ha detto " Presidente, non firmi, lo faccia per le persone oneste". Il Primo Cittadino gli ha quindi risposto "Nella Costituzione c'è scritto che il Presidente promulga le leggi. Se non firmo oggi il Parlamento rivota un'altra volta la stessa legge ed è scritto nella Costituzione che a quel punto io sono obbligato a firmare. Questo voi non lo sapete? Se mi dite non firmare, non significa niente".

- Sempre ieri l'On. Antonio Di Pietro ha definito "una atto di viltà" la firma della legge in questione, suscitando un coro bipartizan di proteste nei suoi confronti, con vibranti punte di patriottistica difesa di Napolitano da parte di sinistra-centro-destra-nord-e-sud-uniti ed accuse di rappresentare un pericolo eversivo per la Nazione tutta.

Dunque: a me Di Pietro non è che stia un granchè simpatico (ricordo ancora quando, appena smise la toga del fustigatore della Prima Repubblica, affermò solennemente che "mai sarebbe entrato in politica" e dopo manco una settimana era già candidato non ricordo con chi..) anche perchè continuo a pensare che la politica richieda una forma oltre agli indispensabili contenuti, forma che Di Pietro non mi sembra affatto incarnare. Al contrario Napolitano mi faceva una certa simpatia: il primo Presidente comunista tuttavia equilibrato e saggio, capace di mettere d'accordo parti distanti grazie all'esercizio del buon senso. Perdipiù napoletano.

Tuttavia, a rischio di essere additato come un agitatore-terrorista-antitialiano, la penso come Di Pietro: il Presidente è contravvenuto ad uno dei ruoli fondamentali che gli competono, non esercitando un potere che solo lui ha diritto di esercitare, quello di rinviare una legge alle Camere con un messaggio motivato, chiedendone il riesame. Solo se le Camere gliela ripresentassero senza modifiche al testo sarebbe obbligato a promulgarla: solo in quel caso.

E dire che non sarebbero mancate le motivazioni da scrivere sul bigliettino per deputati e senatori, a partire dalla considerazione che pagare il 5% di tasse equivale a regalare il 45% non corrisposto quando dovuto - che per capitali dell'ordine di vari milioni di euro a botta sono fior di evasioni - insultando così tutti gli onesti contribuenti che hanno assolto agli obblighi fiscali; che in questo modo tanti capitali frutto di attività illecite (droga, armi, contraffazione, etc..) potranno entrare puliti puliti nelle tasche di mafia, camorra, 'ndrangheta e sistemi vari, senza costringere questi galantuomini a giri complessi e costosi (il costo del riciclaggio di valuta sporca varia dal 40% al 75%: il 5% suona quasi come una mancia al portiere..); che l'anonimato garantisce la tranquillità di tutti quei bastardi che hanno impoverito le tasche dei propri dipendenti, gettando sul lastrico famiglie intere per la loro avidità, senza corrispondere i contributi, mangiando prima nel piatto e poi sulla testa degli operai.

Ma a questo Napolitano non ci ha pensato, così come non ha avuto orecchie per ascoltare quanti glielo hanno suggerito né occhi per leggere quanti lo hanno scritto.

Eppure per me la cosa peggiore, che forse l'aggettivo "vile" quasi addolcisce, é stata la risposta data al cittadino lucano che ha tentato in extremis di fargli notare la vergognosa posizione che stava assumendo: al di là del tono saccente, di per sé fastidioso, il fatto di considerare "inutile" l'esercizio di un su diritto (o meglio: nostro attraverso di lui) ha svuotato completamente il significato del suo ruolo istituzionale. Come faceva a sapere che il testo non sarebbe stato modificato? Come poteva immaginare che anche nella prossima votazione i 29 esponenti della cosidetta "opposizione" avrebbero dato forfait? Cosa gli fa credere che un atto così importante non avrebbe mosso l'opinione pubblica ad una riflessione collettiva, esercitando maggiori pressioni sui rappresentanti parlamentari, cambiando qualcosa in positivo?

Perchè ha calato le sue braghe e mostrato il nostro culo?